Al tempo della partizione – su Il Sole 24 Ore

Gennaio 24, 2021

In uno dei suoi scritti teorici più importanti, la Lettre à monsieur Chauvet, Manzoni ebbe il coraggio di affermare che il compito della poesia non è quello di inventare i fatti, bensì quello di prelevarli dalla Storia; cosicché la differenza tra il poeta e lo storico consiste nella capacità del primo di calarsi nelle aree opache delle vicende umane, di indagarne le spinte autentiche e i risvolti personali, grazie alla concretezza penetrante e universale dell’immaginazione.

In effetti, dobbiamo riconoscere che un vero scrittore non inventa i fatti, ma li ipotizza, con una coerenza interna stringente e plausibile: c’è una grande differenza tra un racconto fantastico e un racconto strampalato. Quando poi ci accostiamo a un’opera in versi, la plausibilità risiede anche nel corrispondersi fra i temi musicali e quelli emotivi, tra le immagini e le figure retoriche, tra strofe, spezzature, intervalli e sentimenti. Come a dire che il poeta può fare arte sulla Storia solo se, in maniera diretta o indiretta, l’ha subita.

Moniza Alvi, poeta inglese che vive nel Norfolk, ha pubblicato nel 2013 un poemetto intitolato At the Time of Partition, incentrato su una delle tante tragedie di massa prodotte dal Novecento: la scissione tra Repubblica indiana e Pakistan nel momento dell’indipendenza concessa dagli Inglesi al proprio ex impero. Al centro dei progetti politici della forte minoranza islamica già dal 1940, la partizione dell’immenso territorio tra fedeli indù e musulmani ebbe luogo a partire dall’estate del 1947, complici le autorità britanniche, frettolose e superficiali, ma a riprova del fatto che le religioni sono consigliere politiche d’indubbia efficacia nel suggerire disastri. L’esodo di milioni di famiglie, dall’una all’altra parte della nuova linea di confine comportò conseguenze vastissime, che vanno dal disagio e dallo spaesamento al dramma più cupo.

Nata a Lahore nel 1954 da padre pakistano e ma-dre inglese, prestissimo trasferi-tasi in Inghilterra, Moniza Alvi ha avvertito ben presto l’ombra del grande Paese asiatico che le scorre nel sangue e che non le appartiene. Se fin dal primo libro del 1993 si è interrogata su The Country at my Shoulder (il Paese alle mie spalle), è con questo Al tempo della partizione che l’autrice è riuscita a immaginare i fatti realmente accaduti, dando a essi quell’evidenza che ci illumina, pur senza consolarci, con le parole della poesia.

In venti rapide sequenze, Alvi viaggia insieme alla propria famiglia di origine in quel 1947 esaltante e apocalittico, presentandoci la Storia per lacerti, grida di piazza e proclami politici, in alternanza con la ricostruzione lirica, agile e profonda, di una lesione intima. La figura della nonna paterna catalizza il destino di coloro che si trovarono costretti a potare dalla propria esi-stenza ogni ramo e radice, perdendo l’anima, ovvero quella parte di noi che ognuno colloca nella sine-stesia dei luoghi. «Il rischio della partenza / e il rischio di restare / erano quasi pari»: dunque non restò che affidarsi al flusso travolgente degli eventi collettivi, rinunciando a capire qualcosa dei vantaggi e delle volontà individuali. Ecco l’addio alla casa, il trasferimento in corriera, le notizie su massacri e stupri, la scomparsa di un figlio svantaggiato: «A questo punto la schiena / della storia / co-mincia a spezzarsi». E anche l’approdo al campo di prima acco-glienza («vasta parodia di una città. / Quasi anonima. / Affollata, ma non animata»), l’arrivo a Lahore, la nuova sistemazione che do-vrebbe ricompattare l’Io grazie all’identità etnico-religiosa: tutto è rappresentato al centro della so-vrana distrazione del mondo, «sotto pioggia musulmana e sole indù, / pioggia indù e sole musulmano». La traduttrice italiana, Paola Splendore, da molti anni attenta alle letterature post-coloniali, aggiunge così un altro tassello alla sua investigazione del margine, dell’insaputo, capace come poco altro di scardinare i nostri auto-matismi conoscitivi.

Paolo Febbraro – su Il SOLE 24 ORE, 24 gennaio 2021.

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