Descrizione
Il grande traduttore Kumarjiv (in sanscrito Kuma-raji – va) visse a cavallo tra la lingua sanscrita e quella cinese dieci secoli prima di noi. Kunwar Narain, uno dei maggiori poeti hindi del secolo scorso, fa di lui un soggetto poetico, ripensando l’interrelazione tra storia, attività intellettuale e poesia. Kumarjiv era figlio di uno studioso di buddhismo di origine indiana e di una principessa della dinastia turco-cinese regnante a Kucha. Vissuto in un’epoca di grandi sconvolgimenti politici, Kumarjiv trascorse diciassette anni come prigioniero del rude condottiero Lü Guang, ma la limitazione dei movimenti fisici non ostacolò il suo sviluppo intellettuale. Al contrario, gli diede modo di padroneggiare perfettamente la lingua cinese. Trasferito alla capitale Chang’an dal nuovo imperatore e fervente buddhista Yao Xing, Kumarjiv fu incaricato di tradurre le scritture buddhiste e concluse la sua vita lavorando in una grande accademia sponsorizzata ufficialmente. Kumarjiv è il traduttore prototipico che comunica il messaggio buddhista in un contesto interculturale. È ricercatore, conoscitore e commentatore, ma non vuole essere un “maestro”. Da un lato, la sua vita è l’archetipo dell’infinita ricerca umana della verità. Allo stesso tempo il Kumarjiv di Kunwar Narain è cittadino del mondo, nato fuori dal subcontinente indiano, ma capace di fare di una lingua e di una religione indiana la sua casa. Non da ultimo, Kumarjiv esplora la tensione e la ricerca di una soluzione nella dicotomia tra vita mondana e vita intellettuale/
spirituale, trovando un equilibrio e una conciliazione tra due stili di vita apparentemente contrapposti.
«È la celebrazione di una profonda amicizia tra due lingue e culture, senza fusione, senza dominio di una sull’altra e senza rivendicazioni di perdite o guadagni, solo un incontro festoso»
– Alessandra Consolaro*
*Professoressa ordinaria
Presso la Facoltà di Lingue e letterature moderne del subcontinente indiano
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